Tinto Brass e l’erotismo goliardico

Da quando era assistente alla regia di Roberto Rossellini, Tinto Brass ne ha fatta di strada, diventando uno dei registi più celebri e riconosciuti al mondo per quella capacità di illustrare un erotismo naturale e quasi atavico ad una non volgarità soffocata dall’ironia, per un ritorno ad un’estetica femminile abbondante e salutare, alla goliardia e al sapore casereccio al punto che le sue opere risultano tutt’oggi veri e propri capolavori di genere.

Da Senso 45 a Paprika, Monella, Così Fan Tutte, La Chiave: l’abbondanza di una femminilità materna e reale, in contrapposizione con i tempi che vedono al figura della donna sempre più indipendente e smunta, a volte, in una celebrazione vera e propria della donna e del piacere del sesso come prima essenza della vita, e del tradimento come sale della coppia.
Tinto Brass fu all’inizio criticato e censurato per alcune scene di nudo un po’ troppo osé per l’epoca nei primissimi film degli anni ’60, critiche alle quali il regista replicò semplicemente con un cambio di titolo (da In Capo al Mondo a Chi Non Lavora è Perduto – 1963), scardinando la sofferenza all’istituzione e ponendo le basi per quello che divenne in seguito il suo successo mondiale.

Atmosfere retrò, sesso, potere e denaro sono le tematiche centrali di film come Salon Kitty (’75), mentre il Maestro inizia a portare alla fama alcune attrici italiane come Stefania Sandrelli (La Chiave – 1983) o Serena Grandi (Miranda – 1985), Francesca Dellera (Capriccio – 1987) e Claudia Koll (Così Fan tutte – 1992), poi redenta alla spiritualità.
Nelle sue opere più recenti trova un vigore mai domo (vedi Fallo! – 2003, e Hotel Coubret), dichiarando d’aver amato e venerato, in realtà una sola donna per tutta la vita, la compianta moglie Tinta.

Lo vogliamo omaggiare con questa galleria.


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