“Urlo” lo scandaloso capolavoro di Allen Ginsberg

Poema generazionale della San Francisco beat, “Urlo” (titolo originale “Howl”, 1955) è l’opera più celebre del poeta statunitense Allen Ginsberg, eclettica e controversa icona culturale di un’epoca di trasformazioni e di un modernismo letterario esibito nei componimenti che richiamano alla lingua parlata e nel crudele realismo, quasi onirico, dei racconti di vita vissuta.
L’opera, divisa in tre parti, fu considerato tra i contemporanei un assalto scandaloso alle convenzioni e ai moralismi, perché composto durante visioni da peyote e perché fortemente esplicito nel linguaggio e nelle scene evocate, al punto che un anno dopo la sua pubblicazione venne persino bandito per oscenità.

Il ritmo e le cadenze della musica jazz regnano sovrane e trainano questo capolavoro di parole ed immagini la cui importanza sociale, mescolata alla fede Buddhista e alle origini ebraiche del poeta, resero la stessa probabilmente il più importante manifesto dell’epoca insieme alle opere di Kerouac (“Sulla Strada” in primis) e alle canzoni di Bob Dylan, decisamente meno sofisticate e “scandalose”.
Urlo” parte dalla descrizione di scene, personaggi e situazioni tratte dall’esperienza dell’autore e di poeti, artisti, politici radicali, musicisti drogati e pazienti psichiatrici che egli aveva incontrato. La seconda parte fronteggia l’America del tempo (‘Moloch’), mentre la parte conclusiva è indirizzata a Carl Salomon, che Ginsberg incontrò in un ospedale psichiatrico, descrivendone qui esperienze, speranze e paure.
Lo stile allucinato e visionario, i riferimenti all’omosessualità e ad una sessualità esplicita e dichiarata, la risonanza nel secolo successivo (recente la trasposizione cinematografica – celebrativa, avanguardistica ed allucinata al punto da risultare anch’essa un capolavoro – firmata da Rob Epstein e Jeffrey Friedman con protagonista James Franco), e quel verso incriminato (nel celebre processo del 1957) who let themselves be fucked in the ass by saintly motorcyclists, and screamed with joy  –“che si lasciarono fottere in culo da santi motociclisti, e strillarono di gioia”, ne fecero la fortuna a dispetto dei tempi.
Capolavoro d’arte oltre moralismi e pornografie letterarie.

Eccone un breve estratto:

Allen Ginsberg 

Urlo

Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla 
follia, affamate isteriche nude, 
trascinarsi nei quartieri negri all’alba 
in cerca di un sollievo astioso, 
alternativi dalle teste d’angelo in fiamme per l’antica celeste 
connessione con la dinamo stellata nel meccanismo 
della notte, 

che in poverta’ e stracci e occhi vuoti e fatti sedevano 
fumando nell’oscurita’ soprannaturale di 
appartamenti con acqua fredda galleggianti tra le cime delle citta’ 
contemplando il jazz, 
che esponevano i cervelli al Cielo sotto l’El[1] e 
vedevano angeli maomettani barcollare illuminati su tetti 
condominiali, 
che attraversavano universita’ con freddi occhi splendenti 
allucinando l’Arkansas e la tragedia della Blake-light[2] 
fra gli studiosi della guerra, 
che venivano espulsi dalle accademie per estremismo & 
pubblicazione di odi oscene sulle finestre del 
cranio, 
che si annidavano in stanze non sbarbate in mutande, bruciando 
i loro soldi in cestini dei rifiuti e ascoltando 
il Terrore attraverso il muro, 
che venivano perquisiti nelle barbe pubiche tornando via 
Laredo con una cintura di marijuana per New York, 
che mangiavano fuoco in alberghi riverniciati o bevevano trementina a 
Parco Paradiso, morte, o purgatoriavano i propri 
busti notte dopo notte 
con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti, 
alcol e cazzo e palle infinite, 
incomparabili vicoli ciechi di nuvola vibrante e 
fulmine nella mente scagliata verso i poli di 
Canada & Paterson, che illumina tutto l’im- 
moto mondo del Tempo in mezzo, 
solidita’ di Peyote di saloni, albe di cimitero dell’albero verde del 
cortile, ubriachezza di vino sui tetti, 
borghi commerciali di giretto da fumati semaforo lampeggiante 
al neon, vibrazioni di sole e luna 
e albero nelle ruggenti foschie invernali di Brooklin, 
proclami Ashcan e luce mentale di re gentile, 
che si incatenavano a metropolitane per l’interminabile 
corsa da Battery al benedetto Bronx sotto benzedrina 
finche’ il rumore di ruote e bambini li faceva scendere 
tremanti con la bocca convulsa e abbattuti il cervello inaridito 
tutti drenati di splendore nella sconfortante luce di Zoo, 
che si immergevano tutta la notte in luce sottomarina di Blickford’s 
emergevano e sedevano a smaltire la birra svaporata dopo 
mezzogiorno in un desolato Fugazzi’s, ascoltando il frastuono 
d’inferno dal jukebox a idrogeno, 
che parlavano senza interruzione settanta ore da parco a 
casa a bar a Bellevue a museo al Ponte 
di Brooklin, 

battaglione disperso di conversazionalisti platonici che saltavano 
fuori da scalinate da uscite di sicurezza da davanzali 
dall’Empire State dalla luna, 
chiacchiericciando strillando vomitando sussurrando fatti 
e ricordi e aneddoti e pugni nell’occhio 
e traumi di ospedali e carceri e guerre, 
interi intelletti degurgitati in flusso di coscienza per sette giorni 
e notti con occhi brillanti, carne per la 
Sinagoga gettata sul pavimento, 
che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando una 
pista di ambigue cartoline illustrate dell’Atlantic 
City Hall, 
soffrendo calure orientali e artriti Tangerine 
e emicranie della Cina durante astinenze da roba 
in una camera squallidamente arredata di Newark, 
che giravano e giravano a mezzanotte nello 
spiazzo della ferrovia domandandosi dove andare, e andavano, 
senza spezzare nessun cuore, 
che accendevano sigarette a camionate camionate camionate arrancando 
nella neve verso fattorie solitarie nella notte 
del nonno, 
che studiavano Plotino Poe San Giovanni della Croce telepatia 
e bebop cabbala perche il cosmo vibro’ 
istintivamente ai loro piedi in Kansas, 
che si aggiravano solitari per le strade dell’Idaho cercando 
angeli indiani visionari che fossero angeli indiani 
visionari, 
che pensavano di essere solo pazzi quando Baltimora 
risplendette in estasi soprannaturale, 
che saltavano in limousine con il Cinese dell’Oklahoma 
ispirati dalla pioggia invernale di semaforo di paesino 
a mezzanotte, 
che si aggiravano affamati e soli per Houston 
cercando jazz o sesso o zuppa, e seguirono lo 
spagnolo brillante per conversare sull’America 
e l’Eternita’, un’impresa disperata, e cosi’ si 
imbarcarono per l’Africa, 
che sparivano nei vulcani del Messico lasciando 
dietro di se’ nient’altro che l’ombra dei jeans 
e la lampada lava e cenere di poesia sparpagliata nel 
camino Chicago, 
che riapparivano nel West investigando 
sull’FBI in barbe e pantaloncini e grandi occhi 
pacifisti sexy con la loro pelle abbronzata mentre 
distribuivano incomprensibili volantini, 
che si procuravano bruciature di sigarette sulle braccia per protesta 
contro foschia narcotica di tabacco del Capitalismo, 
che distribuivano pamphlet Supercomunisti a Union 
Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene 
di Los Alamos li lamentavano via, e lamentavano 
via Wall, e il traghetto di Staten Island pure 
si lamentava, 
che scoppiavano in lacrime nella palestra bianca nudi e 
tremanti di fronte al meccanismo di altri 
scheletri, 
che mordevano ispettori sul collo e strillavano con gioia 
in macchine della polizia per non aver commesso alcun crimine salvo 
la propria pederastia in selvaggia ebollizione e intossicazione, 
che ululavano in ginocchio nella metropolitana e venivano 
trascinati via dal tetto agitando genitali e 
manoscritti, 
che si lasciavano fottere in culo da motociclisti 
santi, e urlavano di gioia, 
che pompavano e venivano pompati da quei serafini umani, 
i marinai, carezze dell’Atlantico e amore 
Caraibico, 
che scopavano la mattina la sera in giardini 
di rose ed erba di parchi pubblici e 
cimiteri spargendo il loro seme liberamente per 
chiunque volesse venire, 
che singhiozzarono all’infinito provando a ridacchiare ma se la cavarono 
con un gemito dietro un separe’ di un bagno turco 
quando il biondo & nudo angelo venne a infilzarli 
con la spada, 
che perdevano i ragazzi per le tre vecchie maledizioni del destino 
la maledizione con un occhio solo del dollaro eterosessuale 
la maledizione con un occhio solo che ammicca dall’utero 
e la maledizione con un occhio solo che non fa nient’altro che 
star seduta tutto il giorno a tagliare i fili d’oro 
intellettuali del telaio dell’artigiano, 
che copulavano estatici e insaziabili con una bottiglia di 
birra un fidanzatino un pacchetto di sigarette una 
candela e cadevano giu’ dal letto, e continuavano sul 
pavimento e nel soggiorno e finivano collassati 
sul muro con una visione di troiaggine perfetta e orgasmo 
che eludeva l’ultimo sprazzo di coscienza, 
che addolcivano le fiche di un milione di ragazze tremanti 
al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina 
ma erano preparati ad addolcire la fica del sole 
nascente, chiappe balenanti nei fienili e nude 
al lago, 
che andavano a puttane per il Colorado in una miriade 
di auto civette rubate, N.C., eroe segreto di questi 
versi, amatore e Adone di gioia-di-Denver 
alla memoria delle sue innumerevoli trombate di ragazze 
in parcheggi vuoti e retri di tavole calde, sedili traballanti 
di cinema, su cime di montagne in grotte o con 
cameriere ossute in sollevamenti di sottane solitarie 
ai bordi di strade familiari & specialmente solipsismi segreti 
di gabinetti di stazioni di servizio & pure parchi di paese natio, 
che sfumavano via in vasti film sordidi, erano sostituiti 
nei sogni, si svegliavano a un inatteso Manhattan, e 
si tiravano fuori da sottoscala intossicati 
di tocai senza cuore e orrori di sogni di ferro 
da Terza Strada & vagavano verso uffici di 
disoccupazione …

E il trailer del film:

Categoria: featuredFocusPoetry

Tags:

Info sull'autore: Direttore Responsabile art journalist & more

RSSCommenti (0)

Trackback URL

Lascia un Commento