“Shortbus” – dove tutto è permesso

La  compenetrazione diventa soluzione per il congelamento emotivo dell’uomo contemporaneo?

Graffiante e avanguardistico, “Shortbus”,  fece molto discutere all’uscita nelle (poche) sale cinematografiche anni fa, ed ancora oggi viene considerato tabù.
Un cast di quasi tutti esordienti, diretti da John Cameron Mitchell (“Hedwig and the Angry Inch”, “Rabbit Hole”) già pupillo della scena gay londinese con esperienze pregresse nel teatro, qui in uno slancio artistico che scopre il mondo della sessualità.

La libertà sessuale è alla base della pellicola, illustrata nelle forme più diverse (dalla ragazza che si prostituisce, alla coppia omosessuale), con la sensibilità tipica del regista e con sprazzi di travolgente ironia a smorzare la tensione psicologica dei personaggi.

L’incontro nello Shortbus, un luogo-non-luogo dove tutto è permesso, persino l’accettazione di un mondo che non giudica ma supporta.
Le polemiche dell’uscita proibirono una pellicola in realtà scevra da volgarità, schematizzando di conseguenza tutti i comportamenti sessuali (e sensuali) che, al contrario, non dovrebbero essere così schematici proprio perché istintivi nell’essenza.
Se da un lato, come spiega il film, le pulsioni erotiche sono come sfoghi di qualcosa che è assente nell’intimità, ad esempio nella vita di ognuno dei protagonisti, d’altra parte regna però una malinconia tipica dell’America post 11 settembre, che sembra aver perso il suo appeal, lacerata come è in una triste quotidianità che assapora ma forse non gusta.

 

Mitchell ne offre l’analisi in un film sessualmente molto esplicito, secondo solo al più recente “Shame di Steve McQueen, e sublimata dalla sua New York (location per entrambe le pellicolendr) ricostruita al computer tra luci e pennellate, e da una colonna sonora deliziosa (con Scott Matthew, Yo La Tengo, Animal Collective, The Ark), dove l’uomo è bisognoso di amore e attenzioni, congelato nel desiderio irrealizzabile di affidarsi ad uno sconosciuto per curarsi.
E’  il regista dipinge ménages metropolitani, istinti primordiali e fantasie erotiche, con una delicatezza e una realtà quasi impensabili.

 

La compenetrazione è perciò la chiave del film e della vita: con questa si costituisce, fisicamente e intimamente, un rapporto sincero e puro con l’altro, ancora sconosciuto.
Un incastro di corpi ed anime nude vero e poetico.

Categoria: Cinemafeatured

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